Best Company: the Cool Factor

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Avete presente quando riuscite a capire molto di una persona soltanto guardandola?
C’è stato un tempo in cui bastava osservare com’era vestita e capivi il suo pensiero sul mondo, sulla politica, sulla vita.

Erano gli anni ’80, decennio pregno di impulsi e immaginazione, che ancora oggi riesce a far sognare e sorridere perfino chi allora non era neanche nato,
perché leggendaria culla di personalità mitiche, tendenze sfavillanti, feste dissennate.

Parte da qui la storia di uno dei brand che chiunque abbia vissuto quegli anni conosce: Best Company.

La moda, la strada: lo streetstyle

Gli anni ’70 erano trascorsi all’insegna dell’impegno politico e sociale, in Italia come all’estero, gettando le basi per una ripresa economica e un’insaziabile sete di leggerezza e benessere.

I giovani, ora, esigono di essere felici.
Per farlo partono dalla base: stare con chi riconoscono come i propri simili, con un gruppo con cui condividere la propria visione del mondo.

In questo contesto, trova terreno fertile lo sbocciare di una serie di sottoculture, ovvero microgruppi accomunati dalle stesse idee, gusti, opinioni e interessi.

Come riconoscere a un primo sguardo una sottocultura? Semplice: proprio dal modo di vestire.
Forse oggi può sembrare strano, ma una volta ti bastava guardare in strada i ragazzi chiacchierare sulle panchine o passeggiare nei negozi e ti rendevi subito conto del “gruppo” a cui potevano “appartenere”.

La moda è in grado di fare anche questo – creare segni di riconoscimento, unire le persone, fungere da termometro della cultura.

E in strada, negli anni ’80 e anche poi negli anni ’90, gli stili sono più che mai eterogenei:
ci sono i metallari, i dark, gli yuppie negli Stati Uniti e i “paninari” in Italia, testimonial della borghesia “bene”, veri e propri edonisti.

Proprio in seno a quest’ultimo gruppo fiorisce l’avventura di Best Company, primi passi per quello che sarebbe poi diventato un fenomeno mondiale.

Ma come ci è riuscito?

I “paninari” nel fumetto a loro dedicato:
Paninaro – I nuovi galli (numero 13), edito da Edifumetto
Image via Best Entertainment
Paninaro – I nuovi galli (numero 7), edito da Edifumetto
Image via Best Entertainment

Oggetto del desiderio

È il designer Olmes Carretti a ideare Best Company, nel 1982.

Carretti ha una personalità eclettica, è uno stilista open-minded, con un’attitudine speciale a comprendere le altre culture (non a caso è un grande viaggiatore) e i desideri inespressi dei giovani.
Presta un’attenzione particolare alla tecnica, alla qualità e alla perpetua innovazione, frutto di una conoscenza profonda della costruzione e del filato.

Sul suo curriculum compaiono voci oggi conosciutissime: crea By American, collabora con Fiorucci, concepisce per Henri Lloyd la mitica giacca RWR.
Le sue intuizioni stilistiche faranno impazzire tutti.

In particolare, i “paninari” amano il piacere, la marca, ma non l’eleganza impomatata – si incontrano nei fast food, ma provengono da famiglie benestanti.
La loro uniforme include la giacca Henri Lloyd o il piumino Moncler; camminano con le Timberland ai piedi; e poi sfoggiano lei, la felpa Best Company.

Anche se la felpa, di per sé, fa pensare all’universo dell’activewear, quella Best Company assume un significato nuovo:
il prezzo è più alto di una qualsiasi felpa, è quasi un articolo di lusso, con il vantaggio che puoi portarla dappertutto.

Un pezzo desideratissimo, quella felpa. Perché anche il ragazzo più anonimo, indossandola, come d’incanto entra a far parte di un’élite, di una cerchia di privilegiati.

Possederla ti regala il piacere di essere identificato con l’immagine che vuoi che gli altri abbiano di te. E questo è un brivido che non ha prezzo.

Campagna Best Company by Olmes Carretti
Image via Olmes Carretti
Felpa Best Company by Olmes Carretti
Image via Olmes Carretti

Il “Cool Factor”

Il brand Best Company ha venduto, nel giro di soli sette anni, circa 20 milioni di felpe.

Gli anni ’80 e ’90 sono stati certo il bacino d’elezione del suo boom;
ma, come spesso accade con i pezzi di qualità, il feticcio della felpa Best Company è diventato un classico senza tempo.

Ancora oggi, una felpa Best Company o una giacca RWR Henri Lloyd sono ricercatissimi oggetti da collezione.
I pezzi rari, quando per casi particolarmente fortunati e eccezionali tornano sul mercato, vanno letteralmente a ruba in un secondo.

Con la direzione creativa di Olmes Carretti, Best Company regala a un capo di uso comune quel “cool factor” che si cerca oggi nello streetstyle,
quella attitude indefinibile cui tutti più o meno segretamente aspiriamo, che differenzia un pezzo anonimo da un must have.

Lo stile sarà forse innato, ma il senso di appartenenza e l’affinarsi dell’occhio estetico si costruiscono.
Culturasocietà moda si influenzano a vicenda in un susseguirsi di input reciproci in grado di portare innovazione nella tradizione, lusso nella semplicità, unione nell’individualismo.
Best Company è stato l’emblema di questa magica contaminazione.

Backstage di una campagna Best Company
Image via Olmes Carretti
Streetstyle anni ’80
Image via Another Mag

Se vuoi saperne di più sul fenomeno Best Company, non perderti la mostra omonima al Future Vintage Festival di Padova dal 7 al 9 settembre, a cura del nostro archivio storico.
In esposizione 10 pezzi iconici provenienti dall’archivio A.N.G.E.L.O. e dalla collezione privata di Olmes Carretti.

In più, domenica 9 settembre alle 11:00 vieni ad assistere a una lecture esclusiva:
Olmes Carretti, fondatore di Best Company, e Angelo Caroli, fondatore di A.N.G.E.L.O., saranno i protagonisti di Cos’è rimasto degli anni ’80 e ’90?,
una conversazione appassionante a due voci che indagherà le ragioni storico-sociali del successo di Best Company e come l’estetica del brand continua a condizionare il nostro stile ancora oggi.

Clicca qui per maggiori informazioni

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